terça-feira, 29 de janeiro de 2013

S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera

S. Alfonso Maria de Liguori Del gran mezzo della preghiera
Ricavato da un'operetta francese ed accresciuto con altri santi pensieri, affetti e pratiche dell'autore

  • PARTE PRIMA
  • PARTE SECONDA









  • PARTE PRIMA





    INTRODUZIONE


    Necessaria a leggersi1





    Io ho date alla luce diverse Operette spirituali2, ma io stimo di non aver fatta Opera più utile di questo Libretto, in cui parlo della Preghiera, per esser ella un mezzo necessario e sicuro, affin di ottenere la salute, e tutte le grazie che per quella ci bisognano. Io non ho questa possibilità, ma se potessi vorrei di questo Libretto stamparne tante copie, quanti sono tutt'i Fedeli che vivono sulla Terra, e dispensarle ad ognuno, acciocché ognuno intendesse la necessità che abbiamo tutti di pregare per salvarci.


    Dico ciò, perché vedo da una parte quest'assoluta necessità della Preghiera, tanto per altro inculcata da tutte le sagre Scritture, e da tutti i SS. Padri; ed all'incontro vedo, che poco attendono i Cristiani a praticar questo gran mezzo della loro salute. E quel che più mi affligge, vedo che i Predicatori, e Confessori poco attendono a parlarne a' loro Uditori, e Penitenti; e vedo che anche i libri spirituali, che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano abbastanza. Quando che tutti i Predicatori, e Confessori, e tutt'i libri non dovrebbero insinuare altra cosa con maggior premura e calore, che questa del pregare. Ben essi inculcano tanti buoni mezzi all'Anime per conservarsi in Grazia di Dio, la fuga delle occasioni, la frequenza de' Sacramenti, la resistenza alle tentazioni, il sentir la Divina Parola, il meditar le Massime Eterne, ed altri mezzi, tutti (non si nega) utilissimi; ma a che servono, io dico, le Predice, le Meditazioni, e tutti gli altri mezzi, che danno i Maestri Spirituali, senza la Preghiera, quando il Signore si è dichiarato che non vuol concedere le grazie se non a chi prega? Petite, et accipietis3. Senza la Preghiera (parlando secondo la Provvidenza





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    (ordinaria) resteranno inutili tutte le Meditazioni fatte, tutti i nostri propositi, e tutte le nostre promesse. Se non preghiamo, saremo sempre infedeli a tutt'i lumi ricevuti da Dio, ed a tutte le promesse da noi fatte. La ragion si è, perché a fare attualmente il bene, a vincer le tentazioni, ad esercitar le virtù, in somma ad osservare4 i Divini Precetti, e consigli5, non bastano i lumi da noi ricevuti, e le considerazioni, e propositi da noi fatti, ma di più vi bisogna l'attuale aiuto di Dio; e 'l Signore questo aiuto attuale (come appresso vedremo) non lo concede se non a chi prega, e perseverantemente prega.
    I lumi ricevuti, le considerazioni, ed i buoni propositi concepiti6, a questo servono, acciocché ne' pericoli e tentazioni di trasgredire la divina Legge, noi attualmente preghiamo, e colla Preghiera otteniamo il Divin soccorso che ci preservi poi dal peccato; ma se allora non preghiamo, sarem perduti.


    Ho voluto, Lettor mio, premetter questo mio sentimento a tutto quello che appresso scriverò, acciocché ringraziate il Signore, che per mezzo di questo mio Libretto vi dona la grazia di far con ciò maggior riflessione sull'importanza di questo gran mezzo della preghiera; poiché tutti quelli che si salvano (parlando degli Adulti), ordinariamente per questo unico mezzo si salvano. E perciò dico, ringraziatene Dio, mentr'è una misericordia troppo grande quella ch'Egli fa a coloro, a' quali dà la luce, e la grazia di pregare. Io spero che voi, amato mio Fratello, dopo aver letto questa breve Operetta, non sarete più trascurato da ogg'innanzi7 a ricorrere sempre a Dio coll'Orazione, quando sarete tentato di offenderlo. Se mai per lo passato vi trovaste8 aggravata la coscienza di molti peccati, intendiate che questa n'è stata la cagione, la trascuraggine di pregare, e di cercare a Dio l'aiuto per resistere alle tentazioni che v'hanno afflitto. Vi prego intanto di leggerlo e rileggerlo con tutta l'attenzione, non già perché sia parto mio, ma perché egli è un mezzo che 'l Signore vi porge un bene della vostra eterna salute; dandovi con ciò ad intendere con modo particolare, che vi vuol salvo. E dopo averlo letto, vi prego di farlo leggere ad altri (come potrete), Amici o Paesani, con cui conversereste. Or cominciamo in Nome del Signore.


    Scrisse l'Apostolo a Timoteo: Osecro igitur primum omnium fieri obsecrationes, postulationes, gratiarum actiones. 1. Tim. 2. 1. Spiega S. Tommaso





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    l'Angelicoa che l'Orazione è propriamente il sollevare la mente a Dio. La Postulazione poi è propriamente la Preghiera, la quale, quando la domanda contiene cose determinate, si chiama Postulazione, quando cose indeterminate (come quando diciamo, Deus in adjutorium meum intende), si chiama Supplica. La Obsecrazione è una pia adiurazione, o sia contestazione, per impetrare la grazia come quando diciamo, Per Crucem et Passionem tuam libera nos Domine. Finalmente l'Azione di grazie è il ringraziamento de' benefici ricevuti, col quale, dice S. Tommaso, che noi meritiamo di ricevere benefici maggiori: Gratias agentes meremur accipere potiora. L'Orazione presa in particolare (dice il S. Dottore) significa il ricorso a Dio, ma presa in generale contiene tutte l'altre parti di sopra nominate; e tale noi l'intenderemo, nominandola da qui avanti col nome di Orazione, o di Preghiera.


    Per affezionarci poi a questo gran mezzo della nostra salute, qual'è necessaria, e quanto vaglia ad ottenerci tutte le grazie che da Dio desideriamo, se sappiamo domandarle come si dee. Quindi in questa Prima Parte parleremo prima della Necessità, e del Valore della Preghiera, e poi delle Condizioni della medesima, affinch'ella riesca efficace appresso Dio. Nella seconda Parte poi dimostreremo, che la grazia della Preghiera si dà a tutti; ed ivi si tratterà del modo ordinario, con cui opera la Grazia9.
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    CAPO I - DELLA NECESSITÀ DELLA PREGHIERA
    Fu già errore de' Pelagiani il dire, che l'Orazione non è necessaria a conseguir la salute. Dicea l'empio lor Maestro Pelagio1, che l'Uomo in tanto solamente si perde, in quanto trascura di conoscere le verità necessarie a sapersi. Ma gran cosa dicea S. Agostino2: Omnia (Pelagius) disputat, quam ut oreta. Pelagio d'ogni altra cosa volea trattare fuorché dell'Orazione, ch'è l'unico mezzo (come teneva ed insegnava il Santo) per acquistare la Scienza de' Santi, secondo quel che scrisse già S. Giacomo: Si quis indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec3 improperat. Jac. 1. 6.
    Son troppo chiare le Scritture, che ci fan vedere la necessità che abbiamo di pregare, se vogliamo salvarci. Oportet semper orare, et non deficere. Luc. 18. 1. Vigilate, et orate, ut non intretis in tentationem. Matth. 26. 41. Petite, et dabitur vobis. Matth. 7. 7.
    Le suddette parole Oportet, Orate, Petite, come vogliono comunemente i Teologi4, significano ed importano precetto e necessità. Vicleffo5 dicea, che questi testi s'intendeano, non già dell'Orazione, ma

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    solamente della necessità delle buone opere, sicché il pregare in suo senso non era altro che il bene operare; ma questo fu suo errore, e fu condannato espressamente dalla Chiesa. Onde scrisse il dotto Leonardo Lessiob non potersi negare senza errar nella Fede, che la Preghiera agli Adulti è necessaria per salvarsi; costando evidentemente dalle Scritture, esser l'Orazione l'unico mezzo per conseguire gli aiuti necessari alla salute: Fide tenendum est Orationem Adultis ad salutem necessariam, ut colligitur ex Scripturis; quia Oratio est medium, sine quo auxilium ad salutem necessarium obtineri nequit6.
    La ragione è chiara. Senza il soccorso della Grazia noi non possiamo fare alcun bene. Sine me nihil potestis facere. Jo. 15. 5. Nota S. Agostino su queste parole, che Gesù Cristo non disse, niente potere compire, ma niente fare: Non ait perficere, sed facere7. Per darci con ciò ad intendere il nostro Salvatore, che noi, senza la Grazia neppure possiamo cominciare a far il bene. Anzi scrisse l'Apostolo, che da per noi neppure possiamo aver desiderio di farlo: Non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est. 2. Cor. 3. 58. Se dunque non possiamo neanche pensare al bene tanto meno possiamo desiderarlo. Lo stesso ci significano tante altre Scritture: Deus operatur omnia in omnibus 1. Cor. 12. 79. Faciam ut in praeceptis meis ambuletis, et judicia mea custodiatis, et operemini. Ezech. 36. 27. In modo, che, siccome scrisse S. Leone Ic Nulla facit homo bona, quae non Deus praestet, ut faciat homo10. Noi non facciamo alcun bene, fuori

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    di quello che Dio con la sua grazia ci fa operare. Onde il Concilio di Trento nella Sess. 6. Can. 3. disse: Si quis dixerit, sine praeveniente Spiritus Sancti inspiratione, atque ejus adjutorio, hominem credere, sperare, diligite, aut poenitere posse, sicut oportet, ut ei justificationis gratia conferatur, anathema sit.
    L'Autore dell'Opera imperfetta, parlando de' bruti, dice che 'l Signore altri ha provveduti di corso, altri di unghie, altri di penne, acciocché così possano conservare il loro essere; ma l'Uomo poi l'ha formato in tale stato, ch'esso solo Dio fosse tutta la di lui virtù: Alios munivit cursu, alios unguibus, alios pennis. Hominem autem sic disposuit, ut virtus illius Ipse sitd 11. Sicché l'Uomo è affatto impotente a procurare la sua salute, poiché ha voluto Iddio, che quanto ha, e può avere tutto lo riceva dal solo aiuto della sua Grazia.
    Ma questo aiuto della Grazia il Signore di providenza ordinaria non lo concede, se non a chi prega, secondo la celebre sentenza di Gennadioe: Nullum credimus ad salutem, nisi Deo invitante, venire; nullum invitatum salute suam, nisi Deo auxiliante, operari; nullum, nisi orantem, auxilium promereri12.
    Posto dunque da una parte, che senza il soccorso della Grazia niente noi possiamo; e posto dall'altra, che tal soccorso ordinariamente non si dona da Dio se non a chi prega, chi non vede dedursi per conseguenza, che la Preghiera ci è assolutamente necessaria alla salute? È vero che le prime grazie, le quali vengono a noi senza alcuna nostra cooperazione, come sono la vocazione alla Fede, o alla penitenza, dice S. Agostino che Dio le concede anche a coloro che non pregano; nulladimeno tien per certo poi il Santo, che l'altre grazie

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    (e specialmente il dono della Perseveranza) non si concedono, se non a chi prega: Deum nobis dare aliqua etiam non orantibus, ut initium Fidei; alia non nisi orantibus praeparasse, sicut Perseverantiamf 13. Ond'è che i Teologi comunemente con S. Basilio14, S. Gio. Grisostomo, Clemente Alessandrino, ed altri col medesimo S. Agostino, insegnano che la Preghiera agli Adulti è necessaria non solo di necessità di precetto, come abbiam veduto, ma anche di mezzo, viene a dire, che di provvidenza ordinaria un Fedele senza raccomandarsi a Dio, con cercargli le grazie necessarie alla salute, è impossibile che si salvi. Lo stesso insegna S. Tommasog dicendo: Post Baptismum autem necessaria est homini jugis oratio, ad hoc quod Caelum introeat; licet enim per Baptismum remittantur peccata, remanet tamen fomes peccati nos impugnans interius, et Mundus, et Daemones qui impugnant exterius.
    La ragione dunque, che ci fa certi secondo l'Angelico della necessità che abbiamo della Preghiera, eccola in breve: Noi per salvarci dobbiamo combattere, e vincere: Qui certat in agone non coronatur nisi legitime certaverit. 2. Tim. 2. 5. All'incontro senza l'aiuto Divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: or questo aiuto Divino solo per l'Orazione si concede: dunque senza Orazione non v'è salute.
    Che poi l'Orazione sia l'unico ordinario mezzo per ricevere i Divini doni, lo conferma più distintamente il medesimo S. Dottore in altro luogoh, dicendo che 'l Signore tutte le grazie che ab eterno ha determinate di donare a noi, vuol donarcele non per altro mezzo che dell'Orazione. E lo stesso scrisse S. Gregorioi: Homines postulando merentur accipere, quod eis Deus ante saecula disposuit donare15. Non già, dice S. Tommasol, è necessario il pregare, affinché Iddio intenda

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    i nostri bisogni, ma affinché noi intendiamo la necessità, che abbiamo di ricorrere a Dio, per ricevere i soccorsi opportuni a salvarci, e con ciò riconoscerlo per unico Autore di tutti i nostri beni: Sed ut nos (son le parole del Santo) consideremus in his ad Divinum auxilium esse recurrendum; et recognoscamus Eum esse bonorum nostrorum Auctorem.16 Siccome dunque ha stabilito il Signore, che noi fossimo provveduti del pane con seminare il grano, e del vino con piantar le viti; così ha voluto che riceviamo le grazie necessarie alla salute per mezzo della Preghiera, dicendo: Petite, et dabitur vobis; quaerite et invenietis. Matth. 7. 7.
    Noi in somma altri non siamo che poveri mendici, i quali tanto abbiamo quanto ci dona Dio per limosina. Ego autem mendicus sum et pauper. Psalm. 39. 18. Il Signore, dice S. Agostino, ben desidera e vuole dispensarci le sue grazie, ma non vuol dispensarle, se non a chi le domanda: Deus dare vult, sed non dat nisi petentim 17. Egli si protesta con dire: Petite, et dabitur vobis. Cercate, e vi sarà dato; dunque dice S. Teresa18, chi non cerca, non riceve. Siccome l'umore è necessario alle piante per vivere, e non seccare, così dice il Grisostomonè necessaria a noi l'Orazione per salvarci19. In altro luogo dice il medesimo Santo, che come l'Anima dà vita al Corpo, così l'Orazione mantiene in vita l'Anima: Sicut corpus sine Anima non potest vivere, sic Anima sine Oratione mortua est, et graviter olens20. Dice graviter olens, perché

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    chi lascia di raccomandarsi a Dio, subito comincia a puzzar di peccati. Si chiama anche l'Orazione cibo dell'Anima, perché senza cibo non può sostentarsi il Corpo, e senza Orazione (dice S. Agostino) non può conservarsi in vita l'Anima: Sicut escis alitur caro, ita orationibus homo nutritur21. Tutte queste similitudini, che adducono questi Ss. Padri, dinotano l'assoluta necessità ch'essi insegnano d'esservi in tutti di pregare per conseguir la salute.
    L'Orazione inoltre è l'arme più necessaria per difenderci da Nemici; chi di questa non s'avvale, dice S. Tommaso, è perduto22. Non dubita il Santo, che Adamo perciò cadde, perché non si raccomandò a Dio, allora che fu tentato: Peccavit, quia ad Divinum auxilium recursum non habuit23. E lo stesso scrisse S. Gelasio parlando degli Angeli ribelli: Dei gratiam in vacuum recipientes, non orando constare nequierunto 24. S. Carlo Borromeo in una Lettera Pastoralep 25 avverte, che tra tutti i mezzi, che Gesù Cristo ci ha raccomandati nel Vangelo, ha dato il primo luogo alla Preghiera; ed in ciò ha voluto che si distinguesse la Sua Chiesa e Religione dalle altre Sette, volendo ch'ella si chiamasse specialmente Casa d'Orazione: Domus mea domus orationis vocabitur. Matth. 21. 13. Conclude S. Carlo nella suddetta Lettera, che la Preghiera Est omnium virtutum principium, progressus, et complementum. Sicché nelle tenebre, nelle miserie, e ne' pericoli, in cui noi ci troviamo non abbiamo in che altro fondare le nostre speranze, che in sollevare gli occhi a Dio, e dalla sua Misericordia impetrare colle Preghiere la nostra salvezza: Sed cum ignoramus (dicea il Re Giosafatte) quid ageredebeamus, hoc solum habemus residui, ut oculos dirigamus ad te. 2. Par. 20. 12.

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    E così anche praticava Davide, altro mezzo non trovando per non esser preda de' Nemici che pregare continuamente il Signore a liberarlo dalle loro insidie: Oculi mei semper ad Dominum, quoniam ipse evellet de laqueo pedes meos. Psalm. 24. 15. Sicché altro Egli non facea, che pregare dicendo: Respice in me et miserere mei, quia unicus et pauper sum ego, ibid. v. 16. Clamavi ad te, Domine, salvum me fac, ut custodiam mandata tua. Psalm. 118. 146. Signore, volgete a me gli occhi, abbiate pietà di me, e salvatemi: mentr'io non posso niente, e fuori di Voi non ho chi possa aiutarmi.
    Ed in fatti come noi potressimo26 mai resistere alle forze de' molti Nemici, ed osservare i Divini Precetti, specialmente dopo il peccato del nostro primo Padre Adamo, che ci ha renduti così deboli ed infermi, se non avessimo il mezzo dell'Orazione, per cui possiamo già dal Signore impetrare la luce, e la forza bastante per osservarli? Fu già bestemmia quel che disse Lutero, cioè che dopo il peccato di Adamo siasi fatta assolutamente impossibile agli Uomini l'osservanza della Divina Legge27. Giansenio ancora disse, che alcuni Precetti anche a' Giusti erano impossibili, secondo le presenti forze che hanno; e fin qui la sua proposizione avrebbe potuto spiegarsi in buon senso; ma ella fu giustamente condannata dalla Chiesa per quello che poi vi aggiunse, dicendo che mancava ancora la Grazia Divina a renderli possibili: Deest quoque Gratia qua possibilia fiant.
    È vero, dice S. Agostino, che l'uomo per la sua debolezza non può già adempire alcuni precetti colle presenti forze, e colla Grazia ordinaria, o sia comune a tutti, ma ben può colla Preghiera ottener l'aiuto maggiore, che vi bisogna per osservarli: Deus impossibilia non jubet, sed jubendo monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adjuvat ut possisq. Eccellere questo testo del Santo, che poi fu adottato, e fatto Dogma di Fede dal Concilio di Trento. Sess. 6. cap. 11. Ed ivi immediatamente soggiunse il S. Dottore: Videamus unde (cioè, come l'Uomo può fare quel che non può?) medicina poterit, quod vitio non potest28. E vuol dire, che colla Preghiera

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    otteniamo il rimedio della nostra debolezza, poiché, pregando noi, Iddio ci dona la forza a fare quel che noi non possiamo29. Non possiamo già credere, siegue a parlare S. Agostino, che 'l Signore abbia voluto imporci l'osservanza della legge, e che poi ci abbia imposta una legge impossibile; e perciò dice il Santo, che allorché Dio ci fa conoscere impotenti ad osservare tutt'i suoi Precetti, Egli ci ammonisce a far le cose facili colla grazia ordinaria, che ci dona, ed a far poi le cose difficili coll'aiuto maggiore, che possiamo impetrare per mezzo della Preghiera: Eo ipso quo firmissime creditur Deus impossibilia non potuisse praecipere, admonemur et in facilibus quid agamus, et in difficilibus quid petamusr 30. Ma perché (dirà taluno) ci ha comandato Dio cose impossibili alle nostre forze? Appunto per questo, dice il Santo, acciocché noi attendiamo ad ottener coll'Orazione l'aiuto per fare ciò che non possiamo: Jubet aliqua, quae non possumus, ut noverimus quid ab illo petere debeamuss 31. Ed in altro luogo: Lex data est, ut gratia quaereretur, gratia data est, ut lex implereturt 32. La legge33 non può osservarsi senza la grazia, e Dio a questo fine ha data la legge, acciocché noi sempre lo supplichiamo a donarci la grazia per osservarla. In altro luogo dice: Bona est lex, si quis ea legitime utatur. Quid est ergo legitime uti lege? E risponde: Per legem agnoscere morbum suum, et quaerere ad sanitatem Divinum adjutoriumu 34. Dice dunque S. Agostino, che noi dobbiamo servirci della legge, ma a che cosa? a conoscere per mezzo della legge (a noi impossibile) la nostra impotenza ad osservarla, acciocché poi impetriamo col pregare l'aiuto Divino, che sana la nostra debolezza.leggere...