quarta-feira, 7 de novembro de 2012

La Santa Messa, fu per Padre Gabriele uno degli argomenti che volle affrontare quale tema fonda­mentale della vita.

 

LA SANTA MESSA

La Santa Messa, fu per Padre Gabriele uno degli argomenti che volle affrontare quale tema fonda­mentale della vita. Ne spiegò tutto il contenuto insegnando a viverla attimo per attimo, come rin­novamento di ciò che Cristo aveva vissuto sulla croce.
Con semplicità e naturalezza tipiche della sua natura, spiegava:
Sin dal principio, a giusto titolo, con diritto, il Signore ha richiesto l'omaggio della sua creatura, ha voluto che l'uomo, riconoscente per il dono della vita e la provvidenza di ogni giorno e le grazie conti­nue, lo lodasse continuamente, lo onorasse, lo ado­rasse e gli offrisse un sacrificio di propiziazione a misura dei bisogni, delle grazie o anche per l'espia­zione dei peccati che avrebbe commesso.
Abele cominciò per primo. Il Signore – dice la Scrittura – gustava tanto il profumo dei sacrifici di Abele, offerti con tanta innocenza e semplicità. Cosa volete che fosse un agnellino, una pecora, una povera insignificante creatura offerta al suo padrone, al proprietario, al Creatore e già padrone di tutti e di tutto?
L'offerta è ben gentile, l'offerta di un bambinetto che prende nelle mani stesse della persona un con­fetto, un dolce e glielo offre, è gentile, ma non è roba sua, è il gesto che piace, l'offerta in sé stessa non è gran cosa, soprattutto nei confronti di Dio.
Giù lungo i secoli, questo profumo aumenta, que­sti sacrifici si moltiplicano. Anche Noè, appena uscito dall'arca, accende il fuoco, offre il sacrificio di ringraziamento, per la salvezza, per essere stato preservato. Il Signore tanto gustò questo sacrificio che fece un giuramento. La Scrittura usa delle parole che sembrano inesplicabili, il Signore che si pente come di un male che ha commesso.
Dice la Scrittura: "Davanti al profumo di questo sacrificio, all'innocenza, alla pietà, alla fede di questo suo servo, il Signore, guardandolo così buono, si pentì di averlo punito tanto severamente e giurò di non mandare più il diluvio sulla terra per questo piccolo sacrificio".
Così Abramo va sul monte, per ordine di Dio, accompagnato dal figlio, con la legna e tutto il necessario per offrire un sacrificio. Anche se fosse stato suo figlio, l'unico, il figlio della promessa, davanti al Dio dell'Universo che comanda il cielo e la terra, davanti al quale gli Angeli sono sempre prostrati, le Podestà e le Dominazioni – come dice la Chiesa – tremano, cosa volete che sia un bambino, una vita, vita umana, una creatura? Nonostante tutto il Signore l'ha chiesto; Abramo obbedisce ed ecco è pronto ad immolarlo.
Il Signore, l'ha già gradito. Basta! Non vuole spargimento di questo sangue.
E là vicino c'è già il sostituto, c'è un'altra crea­tura che Dio ha preparato per prendere il posto del figlio.
E il Signore gradisce adesso il sacrificio che Abramo offre insieme a suo figlio. Perché? Perché quell'ariete, quella bestia offerta, trovata lì, provvi­denzialmente per disposizione di Dio, era poi tanto gradita e il Signore gustava tanto questa specie di sacrificio?
C'è un'altra ragione. Così attraverso tutta la sto­ria del popolo di Dio questi fuochi si accendono lungo il corso dei tempi, dei secoli, fino alle porte di Nazaret. Là finisce! Eh già, il profeta l'aveva detto: "Cosa fate voi altri?". A nome del Signore diceva: "Cosa state facendo? Ma mi avete preso per un buongustaio? No! Io non mangio la vostra carne, io non gusto i vostri sacrifici, a che mi servono?".
Intanto aveva gradito il sacrificio di Abele, di Noè, di Abramo e di quanti nella fede e nella pietà gliel’avevano offerto, in quanto in quel sacrificio c'era un altro ricordo, c'era un merito! Era un simbolo, era il ricordo di un sacrificio di cui adesso parla il Signore: "Finitela con i vostri sacrifici; di agnelli, di bovi, di arieti non so più che farmene. Ecco, venite a vedere adesso, questo è il sacrificio. Su tutta la terra in ogni parte del mondo si offre a me un sacri­ficio immacolato e puro".
Quelli non erano che il simbolo, questo la realtà, e questa realtà convalidava quei simboli.
Questa dolce realtà, questo mistero, questo valore infinito dava virtù a quelli, e il Padre gradiva quei sacrifici in vista di questo: il sacrificio adora­bile, inestimabile, amoroso, generoso, di Gesù Cri­sto stesso, figlio di Dio nostro Signore, agnello di Dio venuto ad immolarsi per togliere i peccati del mondo. In ogni parte del mondo si offre: se offerto sul Calvario invece, e non in ogni parte, è offerto una volta.
Cristo è morto una volta - dice S. Paolo - e non muore più, basta! Iam non moritur, e la morte non lo dominerà più!
Allora com'è che si offre e si continua ad offrire in ogni parte del mondo quest'Ostia immacolata e pura, profumata e santa? Fra qualche istante noi avremo la risposta.
La Santa Messa è la rinnovazione identica, fedele, autentica del sacrificio cruento del Calva­rio; sacrificio ora incruento. Ma Lui stesso si offre, quello stesso Gesù Cristo, figlio di Dio, nostro Fra­tello nella nostra carne, nel nostro sangue che ha preso, ha divinizzato, sacrificato, ha reso innocente e splendido perché fosse degno del Padre lo offre in ogni luogo, e si offre.
Ma guardate bene qui, è Cristo, Gesù, figlio di Dio, l'Onnipotente che offre sé stesso immacolato a Dio nella nostra carne.
Approfondiamo bene prima di tutto il significato di questo dolcissimo, adorabile, salutare mistero.
Dice S. Paolo - ed è lo Spirito Santo che in lui parla -: "Io vedo Cristo che si alza, solleva anche me, vedo Cristo che avanza, trascina anche me, vedo che sale il Calvario, porta anche me, porta con la Croce il peso dei miei peccati, su quelle spalle che sono mie, sono le mie ossa, quelle, non la sua carne. Dio non ha la carne, non ha le ossa, se ce le ha, le ha prese da me. E perché io non sarei mai stato capace, non avrei mai avuto il coraggio di arrivare fino a lì, di amare il Padre fino alla fine. E di amarlo così puramente, così divinamente, così degnatamente, così perennemente.
Allora, vedendo attraverso i secoli la mia buona volontà - è lo Spirito Santo, è S. Paolo che parla a nome dell'umanità - vedendo i miei sacrifici, i miei piccoli fuochi accesi, la mia retta intenzione, la mia volontà, il desiderio di onorarlo, Cristo ha fatto come il grande che si avvicina ai piccoli, che mostrano solo la buona volontà, ma non hanno le forze, le possibilità: “Dammi qua, lo farò io per te”. Ha preso tutto da questi piccoli e poveri incapaci, inetti sulla terra, ha preso per sé tutto, e poi è andato su ad offrire il sacrificio; non ha fatto come Abramo che ha caricato il figlio della legna. Ha dato lui il necessario! Cristo l'ha preso con sé: ha preso la legna, ha acceso il fuoco, ha celebrato, ha consu­mato il sacrificio in sé stesso, con la mia carne, però, nella mia carne, che Lui ha preso, per sé, ha fatto sua per elevarla, per divinizzarla, per purifi­carla, per imbiancarla, per renderla degna del Padre ed offrire così il sacrificio.
Quando Cristo sale sulla Croce, io ci sono, sono con lui. Cristo, "confixu sum cruci" - dice S. Paolo - è stato croficìsso, si è fatto crocifiggere, ha croci­fisso anche me.
I chiodi attraversano la mia carne, con la sua divinità. Ha preso il mio peccato, l'ha pianto, l'ha pagato, l'ha lavato, l'ha distrutto. Nel sacrificio, nelle consumazioni di questo sacrificio, il Padre l'ha voluto spezzare, stritolare, un termine spaven­toso che si può solo spiegare con le similitudini del grano, del frumento sotto la macina, l'ha voluto stritolare, ma ha stritolato in Cristo la mia carne.
È importante questo concetto, perché noi vediamo qui fino a che punto dobbiamo doverosa­mente partecipare al sacrificio di Cristo, noi ci siamo dentro, ci siamo per pagare, ci siamo per guadagnare, ci siamo per dare, ci siamo per rice­vere.
Diamo a Cristo il peccato, la povertà, la miseria, prendiamo da lui l'innocenza; diamo a Lui quel che è indegno e peccato e Lui attraverso, se si può dire così, il procedimento severissimo della sua pas­sione e dell'olocausto, attraverso il fuoco della sof­ferenza, ci restituisce bianchi, candidi, immacolati, accetti al Padre. Ecco, questo è il sacrificio di Cri­sto; questa però e la Santa Messa. Non andate sul Calvario a cercare le orme di Cristo, non andate per vedere dove s'è fermata la Veronica, dove è stato sepolto. Abbiate fede, non è mica più là, è qui in mezzo a noi: "Resterò con voi, soffrirò con voi, mi offrirò a voi e per voi".
Ecco, perché la Chiesa nella Santa Messa ci prende tutti, ci serve in una cosa sola: Cristo! E poi pronuncia quelle parole meravigliose che il Signore stesso ci ha suggerito, non avremmo osato tanto, l'abbiamo in mano, l'abbiamo nel cuore, l'abbiamo nella mente, nelle ossa, nella carne, nel sangue.
E allora tutti insieme, nessuno eccettuato, comin­ciando dai più cattivi, noi gridiamo: Padre te ne supplico, te ne supplico, guidaci, volgi a me il tuo sguardo, adesso questa è l'offerta degna di te, offerta nella quale, io offro me stesso, per Lui, insieme a Lui, perché Lui è in me ed io in Lui, ed in Lui, nascosto in Lui e Lui in me.
Allora sì che si può dire: il Padre guarda benevolmente e gusta il profumo di questo adorabile, bellis­simo sacrificio. Eh sì, è vero, adesso sì che è profu­mato.
Aveva ragione il profeta ad annunciare già anni, anni e anni prima in tutta la terra, in tutto il mondo: "Si offra a me una vittima, un'ostia immacolata"; ma ripeto, quello che a noi sta a cuore di tenere presente, è che non è un sacrificio estraneo, non è un'offerta che non ci interessa, non è una cosa nuova, lontana da noi, ma è una cosa nostra, è la vita nostra: "Cristus vita nostra!". E' la nostra sorte, e con Lui assicuriamo la nostra eternità. Adesso, intanto, la nostra innocenza, il nostro perdono, la misericordia di Dio ha preso tutto. E ogni giorno lo ripete, in ogni chiesa, in ogni Santa Messa, in ogni luogo, anche per le mani di un indegno, perché offrire una cosa santa anche con le mani sporche, la cosa rimane sempre santa, benché le mani non siano degne. In ogni luogo dove si celebra una santa Messa, Cristo si offre: "Io mi offro".
In America, dovunque adesso si celebra, in India, nell'Alaska, dovunque si può immaginare, vedere un sacerdote che offre, io sento, sento l'anima mia, sento me stesso, il mio essere trasportato lì, offerto a Dio, insieme a Dio, in Gesù, con Gesù, per Gesù. Perché è stato detto con verità: "In omnibus Cristus"; Cristo è in tutti e in ciascuno di noi. Quando offrite Cristo, offrite tutti e ciascuno e tutte le cose sono racchiuse in Lui come in un'urna; quando offrite Lui, offrite il tutto. Diciamo con la Scrittura: con grande allegrezza e gioia sento che pesa que­st'offerta, sento che vale, sento che è grande, che è immensa, che è smisurata; allora adesso, offren­dola, io sento che non offro quest'oggetto, questa cosa definita, ma io offro l'universo.
L'universo è in te, o Cristo, e offrendo Cristo offro l'universo.
Chi potrebbe mai reggere - dice Giobbe - se sotto il peso dei suoi passi le colonne che reggono il cielo piegano, chi potrebbe reggere il peso, il valore espresso, sentito, di questa offerta, di questa vit­tima? Come è grande, come è immensa, come è santa, divina, degna di Dio!
Ecco la nostra Santa Messa, ecco il nostro sacrifi­cio, ecco quanto vale, ecco quanto ci interessa, ecco come ci siamo dentro, ecco i benefici che pos­siamo risentire tutti, ecco le grazie che ci sono messe a disposizione. Quante volte abbiamo inteso anche nei libri di devozione, nei libri spirituali, espressioni come queste: "Beato l'apostolo S. Gio­vanni, ai piedi della croce, beate le pie donne, beata la Maddalena che ricevette sul suo capo la pioggia adorabile del sangue preziosissimo di Gesù".
Ma perché invidiare quelli così lontani che non hanno avuto che una volta sola queste grazie, que­sto dono che noi abbiamo tutti i giorni, e più volte al giorno? E continuamente, e direi quasi con mag­giore ragione, con più profondità, con più esten­sione, perché adesso il mistero di Dio è completo, quel mistero che lì si formava, che lì si celebrava, lì si compiva, adesso è completo, noi siamo in mezzo all'abbondanza, alla completezza del mistero, adesso non manca niente, adesso abbiamo il tutto, cosa andate a piangere la parte, se avete tutto, voi? Che se poi - dice quel santo - non siete contenti, non siete sazi di Cristo, che ci vorrà dunque per saziarvi?
E così che dobbiamo credere, adorare, benedire, ringraziare il Padre, propiziarlo, chiedere perdono, misericordia, chiedere grazie, chiedere aiuti, chie­dere la vita, la luce, tutto quello che c'è di bene in cielo e che ci può essere di santo, di buono, di degno sulla terra, per Lui, con Lui, in Lui.
Adesso e in tutti i tempi, qui e in tutti i luoghi. Oh non è a caso, sapete, non è una pia devozione quella che vi suggerisce di unirvi a tutte le Sante Messe che si celebrano sulla faccia della terra. Non è una devozione, è un dovere, poi se non lo fate, peggio per voi.
Di fatto, materialmente, necessaria­mente, voi ci siete, perché si offre il tutto, voi siete una parte di questo tutto. Si presentano i bisognosi, e voi ne avete di bisogno, voi siete poveretti, come tutti; voi avete bisogno di grazie, di misericordia, è lì che si distribuisce; avete bisogno di purificazione, è lì che si compie la purificazione.
Quanto è grande, buono, amabile, generoso il Signore verso di noi! Chi mai avrebbe potuto sola­mente immaginare che Dio arrivasse fino a questo punto! Quanto incomprensibili, alti, profondi sono i misteri dell'amore infinito di Dio. Ci ha amato con un atto di amore che non finisce più, che dura in eterno: "Vi ho amato con carità eterna".
Ma carità effettiva, attiva, non ideale; non è una parola, non è un suono; è vita, è azione, è purifica­zione; ha voluto che questo sacrificio fosse offerto per sempre, per tutti. Vedete veramente come è copiosa la redenzione davanti a Dio; non è morto solamente lassù, una volta: muore continuamente, misticamente, per noi, in noi e con noi. Ci accompa­gna dappertutto, in ogni situazione, in ogni stato d'animo e interpreta tutti i nostri desideri, tutte le nostre aspirazioni, e le fa sue. E ogni giorno racco­glie il tutto e l'offre, l'offre continuamente.
Il tempo che batte il suo ritmo affrettato, ogni istante che passa - noi sappiamo dalla statistica che ad ogni istante, vedete il minutino che frettolo­samente passa sulle lancette dei secondi - ad ognuno è stata assicurata una Messa completa, fra coloro che cominciano, che continuano, che fini­scono, una Messa completa sale al trono di Dio, ci purifica, ci santifica ad ogni istante. Un istante, uno sguardo, un movimento, è già un sacrificio perfetto, è già un ritocco efficacissimo, è già un perdono, un'elargizione di misericordia infinita.
Come si fa a perdersi? Come fa il mondo ad andare a male? Vedete, non è più difficile perdersi che salvarsi in un piano di redenzione così vasto così profondo, così abbondante, così amoroso?
Perché, teniamo ben presente, questo non è un meccanismo ideato una volta e che scatta automa­ticamente senza che nessuno se ne occupi! Qui è l'anima che vive, è la volontà di Dio che vuole! È il suo amore che agisce, è la sua carità, è la sua mise­ricordia che continuamente opera, volontaria­mente; non è un movimento meccanico, quello della Messa, che comincia, continua e finisce, durando più o meno, con l'attenzione più o meno dovuta, di chi celebra e di quanti l'ascoltano.
Pre­scinde il Signore da tutte queste cose benché ci tenga e sia doveroso che ci siano queste cose. Il Signore guarda il suo divin Figliolo, che sia con­dotto al tempio dalle mani della Madonna - oh benedette mani! -, o che sia condotto sul Calvario dalle mani dei manigoldi - oh povere mani! -. Ma è sempre Cristo, è sempre la vittima, è sempre il figlio di Dio!
Come è perfetto il piano di Dio, come ha previsto tutti i difetti che potevano esserci, tutti gli intralci che avremmo potuto mettere noi, povere e misere creature! Ma è annullato tutto, tutti i tentativi di frustrare il piano di Dio sono stati da Dio annullati, distrutti in precedenza, in visione, in previsione del sacrificio del suo divin Figliolo, per il quale dovun­que sia, che si offra in queste o in quelle creature, in questo o in quel luogo, il Padre è sempre lì, pronto con tutto il Cielo, con tutte le glorie, ad abbrac­ciarlo, ad accoglierlo, ad esaudirlo.
E stato sempre esaudito per la sua divina, infinita reverenza - dice la Scrittura - e il Padre glielo dimo­stra, gliele ripete sempre, quelle parole benedette, ineffabili, beneficanti: "Tu sei il mio Figlio diletto, in te io mi sono compiaciuto", figlio diletto rivestito di carne, figlio diletto nell'anima mia, con l'anima mia, figlio diletto che si regge in piedi e si presenta con le mie ossa. Io sono il figlio diletto in Cristo, per Cristo, con Cristo, per i suoi meriti, per il suo sacrifi­cio.
Nella Santa Messa d'ogni giorno, in questo calva­rio che continua, in quest'offerta che fuma sempre, che regge lo sdegno di Dio, che allontana i cattivi da noi e ci assicura la vita eterna.
Oh se potessimo conoscere bene, se sapessimo approfondire e comprendere nelle misure possibili le grandezze di questo dolce mistero! Oh, quanto diversamente noi assisteremmo alla Santa Messa, con quale avidità, noi andremmo, con quanto amore, con quanta fede e con quale beneficio noi sentiremmo l'abbondanza dei meriti, delle grazie, degli aiuti, della misericordia di Dio per Gesù Cri­sto, Nostro Signore, che si offre per noi, in noi, con noi ogni giorno.
Adesso, in omaggio, in ringraziamento per espri­mere la nostra gratitudine, a tanto beneficio, a tanto mistero, a tanto amore, prepariamoci ad affrontare insieme agli angeli e ai santi, che sono qui presenti più di noi, insieme alla Madonna, alla Vergine San­tissima, in unione con Gesù, questo divino sacrifi­cio; sia benedizione per noi come per gli eletti, sia perdono anche per noi come per i peccatori perdo­nati, sia anche per noi vita eterna come il Signore ha stabilito nel suo piano d'amore.
Al ritorno dall'esilio, dalla cattività di Babilonia, gli Ebrei andarono a cercare dove fosse il fuoco sacro, che non si spegneva mai nel tempio, e trova­rono, scritto in un libro, che era stato nascosto - questo fuoco - nientemeno che in un posto profon­dissimo, anni e anni prima. Immaginate bene che era spento!
Scesero giù, trovarono quel che era stato scritto, ma trovarono della melma naturale! Il Signore disse: "Prendete quel fuoco", era fango; "portatelo su", era spento; "mettetelo sull'altare, sul sacrificio".
Immediatamente, al primo contatto, con questo fango, che un giorno era fuoco, gettato, spalmato sopra il sacrificio già pronto, divampò la fiamma, divenne un grande cratere.
Vedete, è quello che succede continuamente per noi. Siamo ferro, siamo fango, siamo poca cosa, spesso spenti. Si tratta di avere il coraggio, la fidu­cia, la fede e prenderci e trascinarci ai piedi dell'al­tare e poi mentre il sacerdote sale, mentre il sacer­dote offre, offrirci alla vittima; dal fango viene fuoco, dalla materia viene lo spirito e dal freddo il calore della devozione.
Perché è Lui il fuoco, è Lui la fiamma invisibile! Allora vediamo un po' questo miracolo come si può ottenere. Noi che poveramente, miseramente, inde­gnissimamente, tutti i giorni assistiamo al sacrificio, vediamo quali sono le condizioni, le disposizioni per poter partecipare al sacrificio, avere parte al sacrificio, unirci al sacrificio, essere santificati dal sacrificio che Cristo celebra, offre ogni giorno per noi, con noi, in noi, davanti a noi.
Primo: unione con Cristo nella devozione, devo­zione eterna. State composti in Chiesa, non parlate, non guardate attorno, non vi divagate. In Chiesa, se siete uno, se siete cento, in Chiesa per ciascuno di voi vale questa verità: "Son venuto qui per Lui, Lui è qui per me. Chi canta in questo momento è Lui per me, io per Lui, non vedo nessuno, non sento nes­suno". In questo momento, massimo raccoglimento, ci vuole unione di devozione, compresi, rac­colti, uniti, e se pure qualcuno ci deve stare vicino quegli sono gli angeli, gli angeli dai quali voi impa­rerete ad adorare, che vi danno lezioni di devo­zione, di raccoglimento; solo con gli Angeli davanti a Dio, in Cristo, a dare a Dio la massima gloria che si possa nella terra, sulla terra, in cielo, nel tempo e nell'eternità, più di quanto non può dire nessuno, nemmeno gli angeli in cielo. La gloria che dà Cristo, e noi in Lui diamo al Padre, la stessa gloria così per Lui, per mezzo Suo.
Entrando dunque preparatevi prima se volete gustare la Santa Messa, preparatevi dentro; sapete che all'ora tale c'è la Messa, la mattina appena vi svegliate sapendo che fra qualche ora, fra un'ora sola forse, c'è la Santa Messa, pensate: "Tra qual­che momento sono ai piedi del Signore, sono ai piedi del Padre con Gesù, in Gesù".
Ecco, questo pensiero che voi fate, è la verità nella quale trovate Cristo. E già Cristo, mentre voi fate questo pensiero e avete questa devozione, Gesù di già è con voi, vi prepara, gli angeli sono attorno. Fate il vostro dovere, tutte le vostre preghiere, fate il segno di croce, fate bene le devozioni, le genufles­sioni, e cominciate intensamente la preparazione. E poi al suo arrivo unitevi al sacerdote, con lui salite l'altare, in spirito, insieme a lui offrite la vittima e insieme alla vittima offrite voi stessi.
Questa è la Santa Messa vedete! La Messa dei fedeli. "Ti offro questa Ostia santa, questo sacrificio non solo per me, non solo per i presenti, ma per tutta la famiglia dell'umanità, tutta riunita insieme qui sull'altare".
Ecco, almeno voi che siete presenti, voi che ci vedete, voi che ci sentite, voi che siete stati invitati al banchetto, siatene degni, siate com­posti, abbiate questa educazione celeste nell'assis tere al banchetto insieme agli angeli. Siamo in casa di Dio! Siamo vicini a Cristo, siamo con Lui! Insieme agli angeli che fraternizzano con noi e invi­tati da loro, noi dobbiamo comportarci come loro.
Ecco, questo è il concetto che ci deve raccogliere, che ci deve preparare, che ci deve disporre e ci deve dare le disposizioni necessarie per accompagnare Gesù in tutto il tempo del sacrificio.
Devozione! Raccoglimento! E poi, unione di intenzioni. È Lui che sa tutto, che vede tutto, che sente, che conosce le vostre necessità, che sa come si deve offrire, pre­gare, quali intenzioni danno più gloria al Padre. Lui sì che lo conosce, Lui conosce il Padre.
Nella Santa Messa, le preghiere della Santa Messa ditele con amore. C'è chi durante la Messa recita il Rosario; è una preghiera, va bene, a condi­zione però che sia con la meditazione dei misteri che voi recitate e che qui si vivono, che qui si ripe­tono, che, insomma, la vostra mente, l'anima vostra sia con Cristo, qui sull'altare, anche recitando il Santo Rosario. Qualche altra anima ha seguito la devozione di meditare la passione. Benissimo! Però fatelo con ordine, con l'ordine che è stabilito nel sacrificio che si offre. Anima ci vuole, è lo spirito che vale, il resto non vale niente. E Dio, puro spirito bisogna seguirlo con lo spirito, con l'anima. Dio cantò amore, bisogna seguirlo con tutto il fervore, pregarlo così, come prega Gesù, in unione alla sue divine preghiere e intenzioni.
E poi, seguire le azioni della Messa. Incominciare col chiedere perdono, col fare penitenza, atti di con­trizione perfetta, e su di voi, prostrati, su di voi che pregate e che siete pentiti, comincia già a scendere la parola di Gesù: "Perdona loro, misericordia voglio e non sacrificio. Io per loro adesso sacrifico me stesso, perdona loro, Padre!".
Si è immolato a nome di tutti, ha pagato il debito per tutti, anche se ieri la giornata è stata triste e carica di colpe, negligenze, trasgressioni, ebbene, inabissatevi nell'umiltà, nella convinzione pro­fonda, nel senso profondo della vostra indegnità e scavando profondo questo abisso di umiltà, lasciate che lo riempia la misericordia di Dio.
"È per loro che io sacrifico me stesso", e il sacrifi­cio comincia, seguitelo, pregate con la Chiesa uni­versale che è tutta presente qui, benché altrove si preghi ugualmente, perché c'è Dio, perché è Lui che prega e in Lui l'universo prega. Pregate, sentite le preghiere della Santa Messa, recitatele, se avete tempo, magari ripetetele se trovate che c'è ancora un po' di tempo; dopo le lezioni, le epistole, se c'è qualche piccolo spazio, ripetete quell'espressione, quei sentimenti che si adattano meglio allo stato d'animo di oggi, di questa giornata e poi col sacer­dote continuate a purificarvi, con Cristo continuate a lavarvi.
Pregate, supplicate, implorate da Dio la misericordia, chiedete a Lui il bagno della sua gra­zia, seguite il sacerdote quando si lava le mani. Ma per ascoltare così, come si fa? Bisogna aver fede! Bisogna credere! Se si crede si sente. "Chi crede sente e sa quel che dico", diceva S. Agostino e prima S. Paolo.
Ecco, bisogna credere! Fate continui atti di fede; ripetete voi le parole, la confessione, la professione di fede che precedette di poco il miracolo, la resurrezione di Lazzaro, la professione di fede di Marta: "Io credo che tu sei il Cristo, figlio di Dio vivente, qui presente, venuto proprio per me, per la mia salvezza".
Unitevi alla professione di fede dei santi e dei martiri, alla fede se si può dire, ma non è fede perché è visione, all'espressione di fede degli angeli e dei santi in cielo. E adorate, e amate, e desiderate, e pregate e supplicate sempre con Lui, da Lui non vi staccate mai; dal momento che voi fate da soli, già non valete più niente, la vostra preghiera ricade. Mettetela in Lui e così vi avvici­nate alla Santa Comunione. Quando nella Santa Messa vi avvicinate alla Santa Comunione pensate bene alle parole che dite: "Non son degno". Se in voi c'è qualche piccolo risentimento, se c'è attacca­mento a voi stessi, se c'è attaccamento alle vostre cose, se c'è qualche resistenza all'obbedienza, guar­date tutto il panorama della vostra vita, della vostra volontà, delle vostre intenzioni, togliete tutto perché ci porti dalla sua parte il Signore. Aprite tutto, spa­lancate tutto perché possa penetrare, invadere tutto il Signore.
Queste son le comunioni che fanno i Santi!
Preparatevi bene e recitate le preghiere meravi­gliose che il sacerdote recita sottovoce, per conto suo. Ditele insieme a tutta la Chiesa, insieme agli angeli e ai santi, ditele come le direbbero le anime che adesso sono in cielo a contemplare questo mistero.
È così che si ascolta la Santa Messa, così che si partecipa al santo sacrificio, così che si scende da questo mistico calvario. Se non come Giovanni almeno come la Maddalena, almeno come quelli che pur avendo peccato fino e pochi minuti prima, adesso compìti scendono battendosi il petto, convertiti.
Eh sì, sul Calvario ci sono solo due classi di per­sone: ci sono i fedeli e i carnefici. Ci si va solo per due ragioni: o per amarlo, compatirlo e dividere le sue sofferenze, o per ucciderlo. Noi siamo qui certa­mente tra i primi. Alla Santa Messa, nella Santa Messa, rapidamente pensando alla giornata che ci aspetta, alle attività che dobbiamo svolgere, ai sacrifici da compiere, alle difficoltà da superare, mettiamole tutte qui, uniamole al sacrificio di Cri­sto, immoliamoci insieme a Lui.
Ecco, questa sì che è la Messa: partecipate, sen­tite, assimilate. Così si ha il frutto del sacrificio. Muovetevi una buona volta, svegliatevi, accende­tevi, scuotetevi. Perché tra tanta abbondanza voi siete le pietre che rimangono aride, impermeabili, e se tirate fuori anche dal profumo dove erano immerse hanno solamente il profumo all'esterno; dovete invece essere come le spugne che prendono, che lavano, che si arricchiscono e che hanno den­tro di sé, come i recipienti completamente liberi, la pienezza dal balsamo nel quale si sono immerse.
"Andate via da questa mensa", dice S. Giovanni Crisostomo. Come dei leoni terribili così dite al demonio! Ecco, è così solamente, guardate bene, che voi partecipate alla Santa Messa; se lo ritenete veramente il Signore, per ricevere il Signore, per riceverlo in grande proporzione, profondamente, bisogna crederlo e bisogna desiderarlo.
E quando siamo pieni di Lui e Lui è in noi, allora anche noi possiamo dire le sue parole, adesso il demonio è cacciato fuori perché con me non ha niente a che vedere, il demonio non mi fa paura. C'è Cristo, e davanti a Cristo il demonio trema, in tutte le sue manifestazioni, nelle prove che vi aspettano, nelle tentazioni che il demonio vi presenta, nelle difficoltà della giornata. Voi siete sicuri, almeno sicuri per la giornata, e poi domani? Ma domani c'è un'altra dose, c'è un'altra razione, forse più abbon­dante, senza meno. Perché l'abisso di umiltà, di devozione, le disposizioni di un'anima invitano Dio, attirano sempre maggiore pioggia di grazia e di benedizione.
È così che dobbiamo avvicinarci alla santissima Eucarestia essendo già dentro nella Santa Messa, nell'Eucarestia, nel sacrificio; e questo sacrificio è stato chiamato Eucarestia, soprattutto perché è il sacrificio dei ringraziamenti e della lode.
Dopo le battaglie gli Ebrei avevano ordine dal Signore di offrire dei sacrifici. Dopo la costruzione del tempio di Gerusalemme, Salomone - dice la Scrittura - fece offrire innumerevoli sacrifici sì da sbigottire il mondo intero. E il Signore si compiac­que tanto in quei sacrifici perché erano simbolo del grande sacrificio, quello che noi celebriamo, che noi viviamo.
E la Santa Messa, la Santa Comunione, la parte­cipazione a questo sacrificio, ci devono lasciare nelle stesse disposizioni - almeno per una giornata - nelle quali si sono trovati gli apostoli.
S. Giovanni, la Madonna, la Maddalena, sono riusciti, dopo avere assistito al sacrificio, a dimenti­care un istante, a staccarsi un minuto. Tutti compìti e compresi, convinti e spaventati dell'enormità dell'abisso della carità di Cristo, per loro.
Ecco, il rac­coglimento della giornata è ben assicurato, voi lo vedete, non c'è pericolo. Adesso siete forti, adesso state al sicuro, è così che arrivate vicino alla perfe­zione, è così che fate presto a purificarvi; così ci si santifica! "Cum santo, santus erit", ha detto la Scrit­tura. Stando con il Santo dei Santi, con Gesù, che è santità per essenza.
Così dovete ascoltare la Santa Messa, così dovete sentire in voi le intenzioni, le preghiere, i sacrifici, le offerte, e riviverle, quelle stesse di Gesù, che le vive continuamente per noi, e qui, nella Santa Messa, accumulate tutte le inten­zioni per tutte le attività, per tutte le persone care, per tutti gli impegni, tutte le responsabilità che voi avete, mettetele qui e mentre ve ne andate, lascia­tele qui, consegnatele al Signore, affidate a Lui la soluzione dei vostri problemi, delle vostre diffi­coltà.
Così sarete anime di Dio, così sarete degni di Cristo, così avrete veramente la fede di Dio, questa fede che voi qui sentite, di cui sentite il frutto, che voi vivete, e per la quale insieme a Gesù, in Gesù, con Gesù, vi immolate per il bene del mondo.
Dopo la Santa Messa e durante il giorno, spesso, dopo i vostri sacrifici, come esercizio, io vi dico di ricordarvi le parole che disgraziatamente spesso si dicono troppo in fretta: "Placet tibi Sancte Trinite!". Prima di baciar l'altare, di benedirvi, il sacerdote dice questa bella preghiera. Sapete che preghiera è? Guardate, inquadratela bene.
Questa preghiera consacra tutto, è l'ultima offerta, l'ultimo ricordo, ma forse il più prezioso.
Dopo i suoi sacrifici Gesù al Padre, dopo ogni preghiera, dopo ogni umiliazione, dopo la flagellazione dopo l'agonia, dopo la sua morte, dopo il sepolcro, dopo la resurrezione, Gesù non fece, in altri termini, che ripetere conti­nuamente queste preghiere: "Ti piaccia il sacrificio che ti ho offerto, per la salvezza dell'anima, per la tua gloria, per santificare queste anime".
Ripetetela spesso quella preghiera, è quella che la Madonna stessa ha ripetuto sempre e specialmente prima di offrire l'olocausto della sua vita, prima di offrire Gesù, Lei stessa al Padre, ai piedi della Croce.
"Ti piaccia o Trinità adorabile, questo sacrificio che tutti i santi, tutti i martiri, hanno ripetuto, che tutti i moribondi nell'offrire la loro vita hanno ripetuto, con Cristo, in Cristo e per Gesù Cristo stesso".
"Ti piaccia, o Trinità adorabile, questo mio sacrifi­cio. Rinunzio a tutto, ti lascio tutto, ti offro tutto, per la tua gloria, per la mia santificazione, per la sal­vezza del mondo".