quinta-feira, 31 de março de 2011

Il caso de Mattei: riflettere su Dio e sul male e la “dhimmitudine” laicista

Mi sono imbattuta sulla Rete in diverse fonti che attaccano lo storico Roberto de Mattei - docente presso l’Università Europea e vice-presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche - in ordine ad una sua recente conferenza a Radio Maria, estrapolando scientemente parole dal contesto e 'piegandone' il senso al volerle evidenziare in termini oscurantisti. Ma oltre a questo si è calcata la mano sul fatto che egli si esprimesse "in modo piuttosto anomalo per il suo ruolo" secondo "un punto di vista non particolarmente basato sulla scienza" (cito da La Stampa del 23 marzo scorso).

Non trovo per nulla estraneo al clamore mediatico sollevatosi - al quale non sono mancate persino testate televisive - il fatto che egli sia anche autore di un libro sul Concilio, che è una pietra miliare nell'ambito degli studi e ricerche che continuano a svilupparsi intorno al tema ed abbia tenuto un intervento di grande levatura nel corso del Convegno di Roma del dicembre scorso sul Vaticano secondo.

C'è anche chi è passato all'azione e si ha notizia di una petizione di benpensanti progressisti che chiedono le dimissioni di de Mattei; il che davvero ci pone nella logica dell'assurdo, che diventa possibile in un contesto in cui la cultura egemone di conio sia secolarizzato che progressista ha invaso la maggior parte degli scenari e degli ambiti della nostra vita civile e, purtroppo, anche ecclesiale.

Pur se è interessante, per riequilibrare la situazione, cogliere anche gli spazi concessi a de Mattei dal Corriere della Sera e da il Foglio, penso non si possa negare di trovarci in pieno relativismo e sia il caso di aggiungere alcune riflessioni.

Innanzitutto chi critica dovrebbe documentarsi sui testi originali [vedi], dai quali emerge un discorso ampio e articolato, di grande spessore, da cui -come già osservato- sono state semplicisticamente ma scientemente estrapolate dal contesto alcune frasi prese a sé.

Inoltre non si vede perché uno scienziato non possa essere credente e perché mai la scienza debba rispondere soltanto a criteri deterministici, chiudendosi in un dogmatismo laico e razionalista.

Del resto il prof. De Mattei ha parlato come privato cittadino e non in veste di vicepresidente del Cnr ed ha rivolto riflessioni di tipo morale e filosofico ad un pubblico di nicchia cattolica quale quello di Radio Maria. In ogni caso per rivestire una funzione pubblica non credo si debba essere per forza agnostici o aderire al "credo" evoluzionista, che pure va per la maggiore e che anche scientificamente qualche pecca la sta mostrando. Anche questo fa parte del quadro.

Nel suo intervento, che per comodità di consultazione rendo disponibile a questo link, Roberto de Mattei non si limita al discorso filosofico o morale, ma sostiene che eventi catastrofici quali i terremoti devono essere studiati e compresi nei loro meccanismi scientifici, anche per fornire alle autorità politiche le strutture e i mezzi per rendere meno terribili le conseguenze di quegli eventi, che restano tuttora imprevedibili e inevitabili. Proprio come vicepresidente del CNR, egli sa bene che è compito della scienza e degli scienziati (anche quelli del CNR) occuparsi di certe cose.

Ma egli non si ferma qui e si pone anche il problema morale e filosofico dell'inesplicabilità degli eventi, terribili e angosciosi, che ci colpiscono tutti, laici e credenti, non soltanto in occasione delle catastrofi ma anche nella quotidianità, ad esempio di fronte ai più comuni incidenti o malattie o altri avvenimenti non dominabili, di certo non sempre causati da alcuna "colpa" da parte di chi li subisce.

E’ un problema non risolto da sempre. Tuttavia, il contesto laico cerca –anche a ragione- qualcuno o qualcosa cui attribuire colpe e responsabilità: la società, i ricchi, i poveri, il governo, la storia, ecc. I cristiani, invece, nella lettura dei fatti, oltre ed al di là delle responsabilità individuabili, si riferiscono a Dio e alla possibile imperscrutabilità di ciò che accade, proprio perché ogni evento tragico reca con sé non solo una dinamica identificabile, ma anche ragioni che non sono soltanto di questo mondo.

E' fin troppo chiaro che nella limitatezza ermeneutica deterministica e laicista si nasconde il rifiuto della metafisica. Si tratta di un problema di forma e di sostanza: la modernità fa perdere chiarezza accusando il dogmatismo normativo; ma accantonare la metafisica è significato e significa accantonare la fede che è messa in un angolo. Ciò non implica che sia necessario rimanere nell'orizzonte metafisico, ma che non lo si debba mai perdere di vista pur rimanendo con i piedi ben saldi nella realtà, altrimenti avremo l'uomo ad una sola dimensione, quella materiale, deprivato di tutto ciò che lo differenzia dagli altri esseri viventi su questa terra.
"O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?" (Luca 13,4)
Le parole di Gesù non vogliono forse dire: "Ben conoscete chi erano i diciotto di quel giorno. E ben sapete che non erano né più, né meno peccatori della maggior parte di voi. La morte violenta che avete visto con i vostri occhi non viene da Dio, ma dal male che è entrato nel mondo col peccato e la morte che ne è conseguenza. E’ contro questo che dovete lottare, in me con me e per me a partire da voi stessi.” Pertanto, il cristiano ringrazia Dio del dono gratuito che ci fa del tempo in più che ci vuole concedere (e che altri non hanno avuto, ma di certo non manca loro la Sua Misericordia, che accompagna sempre la sua Giustizia) e ne trae profitto convertendosi.

Dio ci benedica e ci dia Luce e Forza, per impedire che gli eccessi razionalistici non ci facciano profittare dei moniti che Egli ci manda e che le minacce e le incomprensioni del ‘mondo’ non ci inducano a tacere invece di difendere e diffondere la nostra Fede.
 
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/