sexta-feira, 26 de março de 2010

una verità dimenticata: la regalità sociale di Nostro signore Gesù Cristo


Il Papa, il 21 dicembre scorso, affermò che preti e vescovi non devono far politica. Egli precisamente così disse: “(i vescovi non devono) cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche.”

Prendiamo spunto da queste parole per fare alcune riflessioni. Nel periodo postconciliare si è teorizzato e scritto molto contro la cosiddetta chiesa postcostantiniana accusandola di essersi troppo compromessa con il potere politico. Tutta la nouvelle theologie, figlia del modernismo teologico, ha invocato e sostenuto una sorta di "pneumatismo" della Chiesa. La Chiesa -si è detto e si dice- deve essere quanto più spirituale: non deve compromettersi con il potere, né tantomeno avere aspirazioni mondane. Insomma, con queste affermazioni si voleva e si vuole attaccare la cosiddetta regalità sociale di Cristo, ovvero la regalità di Nostro Signore non solo sulle anime e sulle famiglie, ma anche sui governanti e sugli Stati e quindi l'obbligo da parte non solo delle anime ma anche dei governanti e degli Stati di renderGli culto. Avremo eventualmente modo di parlare in un altro intervento della piena legittimità della dottrina della regalità sociale di Cristo, ciò che adesso c'interessa sottolineare è che la teologia modernista ha inteso attaccare con chiarezza tale verità, e soprattutto vogliamo evidenziare le conseguenze contraddittorie che da questo attacco sono scaturite.

I motivi del rifiuto della regalità sociale di Cristo sono due. Il primo è remoto e attiene alla dimensione più specificamente teologica. Il secondo è prossimo e attiene alla dimensione della teologia della storia.

Il motivo remoto fa riferimento ad una sorta di gnosticizzazione del Cristianesimo. La gnosi implica la convinzione secondo cui l'uomo sarebbe una sorta di “scintilla divina” imprigionata in un corpo. L'uomo sarebbe della stessa natura di Dio, per cui all’uomo stesso spetterebbe il dovere di distaccarsi dalle cose del mondo. Attenzione però: non si tratta necessariamente di un distacco nel senso di un non uso. Niente affatto: lo gnostico può benissimo “godere” dei beni terreni, l'importante però che conservi la convinzione intellettuale della loro inconsistenza e quindi del fatto che non possano costituire dei valori ai fini della salvezza. La dottrina autenticamente cattolica della regalità sociale di Cristo, invece, si basa sul principio che Cristo può e deve regnare non solo sulle realtà spirituali ma anche su quelle materiali, perché queste hanno comunque la dignità di “creature”.

Il motivo prossimo del rifiuto da parte della teologia modernista del principio della regalità sociale di Cristo attiene -come abbiamo già detto- alla teologia della storia. Si tratta di quell'influenza del pensiero relativista massonico secondo cui bisogna aspirare alla realizzazione di un governo mondiale basato sul “politicamente corretto”, quindi sulla convinzione della sovranità del relativo e del nulla. Il cattolicesimo, con la pretesa di affermare l'esistenza di una verità assoluta (Gesù Cristo) e di un'unica realtà salvifica (la Chiesa), può essere al limite permesso se ridotto alla dimensione privata, ma non certamente se pretende di tradursi in civiltà.

Ora, tutto questo produce una grande contraddizione che è sotto gli occhi di tutti. Il cattolicesimo tradizionale (cioè di sempre) da una parte ambisce giustamente alla traduzione della Fede in giudizio politico, mira alla realizzazione del valore della societas christiana e considera l'azione politica come espressione dell'atto di fede nelle cose temporali; dall'altra conserva la sua vocazione fondamentale che è quella di portare gli uomini alla salvezza eterna, additando il peccato mortale come la più grave tragedia e promuovendo il messaggio fondamentale che è quello di indirizzare l'uomo alla Vita di Grazia. Il cattolicesimo modernista, invece, si esprime nel contrario. Da una parte afferma che non si deve pensare ad alcuna civiltà cristiana, dall'altra fa passare in secondo piano la prospettiva soprannaturale e la salvezza eterna, anteponendo a questi i problemi del mondo o addirittura l'utopistica realizzazione di una società perfetta.

E così abbiamo il paradosso che negli stessi ambienti in cui si afferma che la Chiesa dovrebbe totalmente spiritualizzarsi, ci si concentra prioritariamente (e molto spesso esclusivamente) su problemi profondamente materiali, del tipo: il debito estero, la disoccupazione, fino a che punto dovrebbero essere governati i flussi migratori, ecc...per arrivare perfino all'importantissimo (si fa per dire!) problema della raccolta differenziata della spazzatura; dimenticando che l'unica cosa che conta è la conquista del Paradiso: “Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna.” (Luca 12,4-5)

Articolo non firmato. Fonte: I Tre Sentieri, 27 febbraio 2010

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