sábado, 3 de dezembro de 2016

Don Divo Barsotti. San Francesco e l'umiltà di Cristo

  

Ad un certo punto del Vangelo Gesù così invita i suoi discepoli: «Diventate come bambini, ed entrerete nel Regno dei cieli!». E mette davanti ai nostri occhi la loro semplicità, il loro essere piccoli come un traguardo per noi, che magari abbiamo faticato tanto per “diventare grandi”.
Nell’imminenza del prossimo Natale vi proponiamo una riflessione di D.Barsotti a uno scritto forse poco conosciuto di san Francesco d’Assisi “Le lodi di Dio altissimo”. Non è esattamente, questa riflessione, immediata da intendere; forse vi richiederà di leggerla con pazienza. Però può diventare un buono spunto col quale fermarsi a meditare sull’inesauribile mistero dell’umiliazione di Gesù nel diventare piccolo e meschino come noi.
Il testo qui presentato è un leggermente modificato; chi lo vuole, lo può trovare per intero nel libro: D.Barsotti, Le lodi di Dio Altissimo, Ed. O.R.
TU SEI UMILTÀ 
Dio è umiltà perché è amore
E’ proprio di Francesco vedere Dio come umiltà. Di fatto l’umiltà, come la povertà, appare piuttosto una condizione perché l’uomo possa vivere un rapporto con Dio; anzi è la condizione essenziale a viverlo. Non appare, almeno immediatamente, una caratteristica di Dio, come invece la vede san Francesco.
Vediamo allora come l’umiltà in san Francesco sia dapprima il fondamento della vita spirituale
Dobbiamo infatti riconoscere che se Dio è creatore, la creatura — indipendentemente da Dio — è nulla, non è; e deve riconoscere questo suo nulla davanti a Dio. Là dove non è avvenuta una rivelazione di Dio come creatore, l’umiltà non può essere il fondamento della vita spirituale, perché l’uomo rimane «qualcosa » nei confronti di Dio. Allora si imporrà la modestia, non l’umiltà; si imporrà «la misura», come dicevano i greci, non l’umiltà. L'umiltà, invece, è essenziale a chi si riconosce creatura. Riconoscendosi creatura, Dio è tutto e la creatura in sé medesima è niente. La vita spirituale implica sempre il sentimento del proprio nulla nei confronti di Dio, un nulla che non esclude il fatto che la creatura esista. Esclude però ogni sentimento di opposizione, ogni sentimento di alterità, ogni sentimento che dia all’uomo la coscienza di essere qualche cosa indipendentemente da Lui e non in Lui e per Lui. La creatura per tutto quello che è, è da Dio ed è in Dio.
Col riconoscimento di Dio è implicato dunque un certo annientamento interiore del nostro io. Nella luce infinita di Dio, l’uomo scompare; come il sole, che non appena sale all'orizzonte, eclissa le stelle.
«Tutte le nazioni sono davanti a Lui come un nulla... contano come il pulviscolo sulla bilancia», dice il profeta Isaia nella Bibbia (cap. 40). Questo sentimento è all'origine della spiritualità islamica. L'uomo deve sentire il proprio nulla come creatura nell'essere e nell'operare. Se io sono, Dio non è; se Dio è, io non sono.
E’ quanto dicono anche i mistici cristiani, perché evidentemente «io sono », ma in Lui; perciò non posso dire «io sono » indipendentemente da Lui. «Io sono » è proprio di Dio, è il suo nome. Così Gesù medesimo nel quarto Vangelo proclama e si afferma: «Io sono ». Dandosi il nome che Dio si era dato nell'Antico Testamento, Gesù proclama la sua divinità.
Ma non è questa l’umiltà di Francesco. L'umiltà ha un altro fondamento. L'umiltà non è in Francesco solo dell’uomo, ma, prima ancora, è in Dio. Dio stesso è Umiltà.
Dio si rivela a noi attraverso la creazione, ma la sua rivelazione più perfetta è Gesù Cristo. E Cristo, per Francesco, è umiltà. Egli non sa riaversi dallo stupore provocato da una sua contemplazione del mistero cristiano come mistero di suprema umiltà: l’umiltà del Cristo nella sua nascita, nella sua passione, nell’Eucaristia.
Ma questa umiltà potrebbe essere ancora l’espressione della natura umana assunta dal Verbo che si è incarnato. In questo caso tornerebbe ad essere umiltà della crea­tura, perché anche la natura umana del Cristo è creata. E infatti Gesù la vive in quanto è creatura, nella dipendenza totale della sua volontà umana dalla Volontà divina: «Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato». Si può dunque pensare all'umiltà di Gesù in quanto come creatura Egli vive questa eclisse di sé nei confronti del Padre.
Ma san Francesco va ancora più in là. L'umiltà in Fran­cesco — ed ecco la grande novità, la meravigliosa scoperta di san Francesco — è la stessa rivelazione dell'amore. Dio è amore e l’amore non può essere che umiltà.
Dio è amore in se stesso: Padre, Figlio e Spirito Santo. Nella sua vita intima è l’infinita comunione di amore che passa da una Persona all'altra, perché ogni Persona divina è puro rapporto di sé all'altra Persona correlativa. Questo amore implica che ogni Persona divina in sé e per se non è: il Padre indipendentemente dal Figlio non è. Ci può essere un padre senza un figlio? Tuttavia fra gli uomini un padre non è mai padre soltanto, è anche sposo e può essere un medico, uno scrittore o qualche altra cosa. Ma il Padre celeste è esclusivamente Padre in rapporto al Figlio unigenito.
In sé e per sé ogni Persona divina non è; è totalmente, infinitamente per l’altra Persona correlativa: il Padre è tutto per il Figlio e nel Figlio; il Figlio è tutto nel Padre e per il Padre. Ogni Persona divina è pura relazione di amore; e proprio per questo è pura, assoluta umiltà. Dunque Dio è gia umiltà in se stesso, perché è amore. Così si è detto che l’umiltà di Gesù non è soltanto in Lui come uomo, ma è in Lui come Figlio che tutto riceve dal Padre e tutto al Padre riporta.
Ma Francesco contempla più stupende rivelazioni di amo­re. La sua anima sembra come smarrirsi in un'estasi dalla quale non riesce a riaversi: Gesù è umiltà nei confronti dell’uomo medesimo. L'ha detto Egli stesso: Egli è fra i suoi come colui che serve.
Se nella natura divina il Figlio unigenito è in relazione col Padre, nella natura umana assunta viene incontro all'uomo, si fa tutto per gli uomini, per i peccatori — è loro via, loro vita, loro salvezza; si fa «pane» per essere cibo.
Casella di testo:  E Francesco contempla l’umiltà del Cristo come espressione suprema di amore. La sua umiltà è rivelazione dell’amore di un Dio che si fa totalmente per l'uomo, per la sua salvezza. Si ordina all'uomo al punto che per sé sceglie il silenzio, la morte, sceglie l’ultimo posto. Si fa «nulla » perché l’uomo sia tutto.
Così avviene ogni volta che Egli si fa presente nella Messa sotto le specie del pane e del vino per donarsi, per essere mangiato: la Messa trova il suo compimento nella comunione eucaristica nella quale Egli totalmente si dà, cosi da sparire. E tutto per te e in te: “Per noi e per la nostra salvezza…”.
Il Verbo si sarebbe incarnato anche senza il peccato dell’uomo, ma sempre motivo dell'Incarnazione è la nostra sal­vezza! “Per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo…”.. Il Figlio di Dio si incarna per essere lo sposo che si dà tutto alla sposa. Il disegno divino si realizza nell’alleanza. Dio si fa uomo per donarsi a tutta l’umanità, anzi a ciascun uomo. Nell'atto stesso che Egli si incarna, Egli diviene rapporto a Maria. Alla grandezza del mistero per il quale il Padre dall'eternità dice: «Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato», risponde il mistero di una creatura, che può dire al suo Dio: «Tu sei mio figlio», e il mistero più grande ancora di un Dio che deve dire ad una creatura: «Tu sei la mia madre!».
Questo è Dio che a noi si è rivelato: un amore che si svuota di sé per donarsi, perché l’amore è dono. Dio si rivela all'uomo e si fa presente in quanto si dà così da perdersi in colui che Egli ama. Francesco conosce l’umiltà del Cristo nella natività, la contempla nella passione, ma soprattutto la vede nell'Eucaristia. Nell’Eucaristia è l’umiltà di un Dio che, amandoti, si nasconde, si annienta per essere la tua vita, per essere la tua ricchezza, e tutto si ordina a te e tutto si dona.
Quanto è bello quello che Francesco scrive nella Lettera al Capitolo Generate e a tutti i Frati; che è uno dei testi più belli degli scritti francescani:
« Badate alla vostra dignità, frati sacerdoti, e siate santi perché Egli è santo. E come il Signore Dio onorò voi sopra tutti gli uomini, per questo mistero, cosi voi più di ogni altro uomo amate, riverite e onorate Lui.
Grande miseria sarebbe, e miserevole male se, avendo lui così presente, vi curaste di ogni altra cosa che fosse nell'universo intero!
L'umanità trepidi, l’universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo Figlio di Dio vivo.
O ammirabile altezza, o degnazione stupenda! o umiltà su­blime! o sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane.
Guardate, frati, L’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché egli vi esalti. Nulla, dunque, di voi, tenete per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi si da tutto» (FF 220).
L'umiltà in san Francesco è veramente la rivelazione dell’amore; per questo è la rivelazione suprema di Dio. Fran­cesco non conosce una rivelazione più alta di Dio di questa umiltà. Il creato rivela la bellezza, ma solo l’umiltà di Cristo rivela l’amore di Dio. L'umiltà senza fondo, un'umiltà senza fine.