quarta-feira, 2 de fevereiro de 2011

Il sacrilegio della Comunione nella mano :Molti fedeli e qualche raro sacerdote, che ancora hanno la fede ed il rispetto verso il SS. Sacramento, rifiutano decisamente questa abominevole pratica. Il clericalismo indica una certa tendenza propria agli uomini di Chiesa ad impicciarsi di ciò che non li riguarda, mettendo il naso in quegli ambiti che non sono di loro diretta competenza, a cominciare dalla politica e da tutto ciò che ha profumo di potere.

Il sacrilegio della Comunione nella mano



Tra le sciagure che hanno funestato la fede e la pietà cristiana, purtroppo col consenso dell"Autorità ecclesiastica, l'ultima in ordine di tempo (ma, quale altra sarà già in atto, o sta per esserlo?), c'è la "Comunione sulla mano", ossia l'usanza entrata malauguratamente in vigore nella Chiesa cattolica di dare e di ricevere la Comunione depositando la sacra Ostia su una mano del fedele, il quale poi, provvede da sé a comunicarsi.
Molti fedeli e qualche raro sacerdote, che ancora hanno la fede ed il rispetto verso il SS. Sacramento, rifiutano decisamente questa abominevole pratica. Non tutti però, specialmente tra i fedeli i quali hanno meno esperienza dei sacerdoti, si rendono conto della ragione più grave per cui ricevere la Comunione in questo modo è illecito e sacrilego; la caduta, cioè la dispersione e la conseguente profanazione delle sacre Specie, benché sotto forma di minuscoli frammenti, che essi pure sono il Corpo Santissimo di Nostro Signore Gesù Cristo.
Quasi tutti i fedeli (veramente fedeli), che rifiutano la pratica sacrilega della Comunione sulla mano, ne motivano la loro giusta avversione col rispetto profondo che nutrono verso l'Eucaristia, professano umilmente la propria indegnità di toccare il sacro Corpo del Signore senza avere le mani consacrate come quelle del sacerdote e non ardiscono, perciò, prendere in mano l'Ostia santa per comunicarsi da soli. E' un motivo buono e lodevole, che onora quelli che ancora credono nella presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nel Pane eucaristico e temono di offenderlo, o anche solo di mancargli di rispetto.
Ma il sacrilegio non consiste soltanto in questo, che in casi particolari e nella dovuta maniera, si può anche fare; bensì soprattutto nel fatto già su accennato che nel dare e nel ricevere la Comunione, dall'Ostia si staccano spessissimo frammenti, i quali con la Comunione data nel modo tradizionale e l'uso del piattello, vi cadono sopra e vengono recuperati alla fine della distribuzione, mentre con la Comunione data e ricevuta sulla mano i frammenti che cadono vanno dispersi per terra, quindi calpestati o spazzati via. Insomma vengono inevitabilmente profanati. E poiché non si tratta di semplice disgrazia, ma di un fatto conosciuto, previsto e volutamente causato, si tratta di un vero e proprio sacrilegio.
Tanto accecamento nel mondo cattolico sarebbe incredibile se non fossimo abituati a vedere il SS. Sacramento già profanato in molte maniere, ma questa è forse la più grave in quanto la profanazione è evidente, è certa, è prevedibile e facilmente evitabile, essendo questa sacrilega pratica perfettamente inutile. Qualcuno, per non contraddirsi (è infatti una solenne contraddizione fare professione di fede cattolica, protestare rispetto per il SS. Sacramento e poi usare una pratica che ne causa inevitabilmente una gravissima profanazione), sostiene che nei frammenti di Pane consacrato non c'è più la reale presenza del Signore!
Così la Comunione portata in una frazione di Ostia agli ammalati che non possono deglutire sarebbe una finzione, e la cura del sacerdote di recuperare i frammenti caduti sul piattello, o di purificare ben bene il calice ed i vasi sacri su cui sono rimaste gocce o particelle del SS. Sacramento, non sarebbe altro che un inutile scrupolo. Ci permettiamo pertanto di rimarcare la dottrina della Chiesa sulla presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell'Eucaristia, la grave responsabilità di chi pratica la Comunione sulla mano e l'assoluta illiceità di questa pratica, che rimane moralmente vietata nonostante la "autorizzazione" concessa dall'Autorità religiosa.
Ad ogni modo, per chi non lo sapesse, la Comunione sulla mano corrisponde a un preciso piano predisposto dai nemici di Cristo e della Sua Chiesa. Con la Comunione sulla mano si va incontro a ogni sorta di abusi e di profanazioni. Già dall'autunno del 1969 (da quando cioè si cominciò a concedere il permesso della Comunione sulla mano) i sacrilegi cominciarono a moltiplicarsi.

Qualche esempio, tra i tanti documentati e, a suo tempo, riportati dalla rivista “Chiesa Viva”:
- In una trattoria, un giovane tagliuzzò un'Ostia con un paio di forbici, per constatare se ne uscisse del sangue, e poi la gettò nel gabinetto.
- Un parroco ha confermato che un bambino ha portato a casa un'Ostia e l'ha data da mangiare al cane.
- In Olanda, degli scolari avevano una fiorente raccolta di Ostie consacrate, che erano state ricevute abusivamente per mezzo della Comunione in mano. Esse furono raccolte e inchiodate, come farfalle, ad una parete. In questo modo, se ne trovarono circa duecento.


A queste testimonianze certe se ne potrebbero aggiungere innumerevoli altre.
In questi ultimi anni, in alcune Chiese d'Italia, si sono verificati furti notturni di Ostie consacrate per usarle nelle messe nere, che di recente stanno dilagando in modo impressionante. Con la concessione della Comunione sulla mano, i ladri di particole consacrate non avranno più bisogno di compiere rischiosi furti notturni, perché le Ostie consacrate verranno a riceverle tranquillamente in mano dagli stessi sacerdoti. I malintenzionati approfittano dalla Comunione sulla mano e, fingendo di portarsi l'Ostia alla bocca, la fanno abilmente scivolare nella manica, nel taschino, nel fazzoletto o nella borsa, ecc... e poi vanno a venderla a loschi fattucchieri per i loro orribili intrugli, oppure ai membri di sette sataniche per le loro nefande liturgie delle messe nere. Ciò risulta facilitato dal fatto che il sacerdote, occupato a distribuire la Comunione ad altri, non può aspettare, specialmente quando i comunicandi sono molti, che il fedele, restando alla sua presenza come è prescritto, si porti l'Ostia in bocca. Quindi al sacerdote manca il tempo necessario per osservare dove va a finire l'Ostia consacrata. Gli stessi fedeli, attenti alla loro Comunione, non baderanno a quella degli altri e quindi i malintenzionati vengono facilitati nell'asportazione dell'Ostia. Tutto questo non è frutto di fantasia, ma sono fatti accertati, documentati. Quel che si è verificato all'estero, si va ripetendo anche in Italia, presa di mira dai nemici di Cristo quale centro del mondo cattolico. Ovunque le profanazioni si vanno moltiplicando. Sono state trovate Ostie gettate sui banchi, sui gradini d'ingresso e non passa settimana che non si debba rincorrere qualcuno che si porta via l'Ostia come souvenir.

La Comunione sulla lingua
- è stata, per molti secoli, scelta e adottata dalla Chiesa;
- evita che mani diverse da quelle dei sacerdoti (quindi impure) tocchino il Corpo di Cristo;
- evita la caduta a terra e la dispersione dei frammenti, in ciascuno dei quali c'è Gesù Cristo, come la Chiesa ha definito nel Concilio di Trento;
- previene efficacemente il pericolo della profanazione dell'Ostia Santa;
- vivifica la fede nella presenza reale di Gesù nell'Ostia consacrata;
- rende la distribuzione della Comunione molto facile e sbrigativa;
- quanto all'igiene, dà massima garanzia;
- è la forma che la Chiesa raccomanda, perché del tutto conveniente, e vuole che si conservi.



La Comunione sulla mano
- permette, invece, che mani diverse da quelle dei sacerdoti (quindi impure) tocchino il Corpo di Cristo;
- favorisce, necessariamente, la caduta a terra dei frammenti e la loro dispersione;
- favorisce e facilita la profanazione dell'Ostia consacrata;
- affievolisce e, col tempo, fa scomparire la fede nella reale presenza di Gesù Cristo nell'Ostia consacrata, riducendola a semplice pane, a semplice simbolo, figura del corpo di Cristo;
- quanto all'igiene, non dà alcuna garanzia.


Chiudiamo richiamando quello che disse il Concilio di Trento: «L'uso che il solo sacerdote dia la Comunione con le sue mani consacrate, è una tradizione apostolica» (Sessione 13 c.8);
e con una ammonizione del sommo teologo della Chiesa, San Tommaso d'Aquino: «Il corpo di Cristo appartiene ai sacerdoti... Esso non sia toccato da alcuno che non sia consacrato
LA COMUNIONE NELLA MANO E' UN SACRILEGIO !

A proposito di clericalismo



di don Davide Pagliarani

Ci sembra interessante riflettere su un male che, negli stereotipi più comuni forgiati dalla Rivoluzione, viene sistematicamente attribuito alla Chiesa del passato quasi ne fosse una nota connaturale: il clericalismo.
Questo termine indica una certa tendenza propria agli uomini di Chiesa ad impicciarsi di ciò che non li riguarda, mettendo il naso in quegli ambiti che non sono di loro diretta competenza, a cominciare dalla politica e da tutto ciò che ha profumo di potere.
Risulta piuttosto facile trovare pretesti per incolpare la Chiesa del passato attraverso questa accusa e soprattutto tale critica si rivela estremamente funzionale alla legittimazione di tutte le rivoluzioni, sia di quella liberale che di quella iniziata con il Concilio Vaticano II: entrambe avrebbero contribuito a “purificare” la Chiesa rendendola più libera e leggera, finalmente capace di predicare il Vangelo e solo il Vangelo, con uno spirito realmente evangelico e quindi capace di consacrarsi ad una missione autenticamente spirituale.
A noi sembra che in realtà il Concilio abbia dato un contributo originale e insostituibile nel “clericalizzare” la Chiesa universale, nel senso che esso ha posto le premesse per obbligare la Chiesa ad occuparsi del mondo, dei suoi problemi terreni, delle sue ansie intramondane, attraverso un nuovo baricentro che è l’uomo come tale, nel suo essere concreto e storico. La prospettiva non è più quella tradizionale che cercava in Dio, nell’eternità, nel soprannaturale, nelle verità immutabili della fede degli archetipi per plasmare e correggere in qualche modo il divenire storico; ora è stato riconosciuto all’uomo il posto centrale e la soluzione ai suoi problemi è immanente all’uomo stesso: quindi essa va ricercata studiando l’uomo, valorizzando al massimo tutto ciò che è e che fa, interessandosi alla società umana in modo nuovo ed esauriente.
Di conseguenza gli uomini di Chiesa al passo con i tempi - ma non più con la loro missione - sono esperti di ambiente, legalità, democrazia, libertà, lavoro, immigrati, giustizia sociale, surriscaldamento del pianeta, raccolta differenziata, risparmio energetico, sicurezza stradale, etc…
Troviamo qui un’applicazione del concetto equivoco di “pastoralità” sul quale è stato costruito il Concilio, funzionale a canalizzare la missione della Chiesa in una dimensione intramondana che ha per oggetto l’uomo e si esaurisce nell’uomo: questo ruolo nuovo coincide con una sorta di promozione umana che non ha più per oggetto i fedeli battezzati, ma in qualche modo l’umanità intera come tale, nei confronti della quale la Chiesa ha una missione nuova che non coincide più con quella tradizionale.[1]
Soprattutto - e questo è l’aspetto più grave - si tratta di una prospettiva che in ultima analisi rinuncia agli strumenti soprannaturali quali i sacramenti, la vita spirituale, la santificazione personale, i concetti di grazia e di peccato, etc., per affidarsi solo a risorse puramente umane, quali le doti manageriali o l’abilità diplomatica. Il tutto ovviamente condito con le iniziative pastorali più originali, eccentriche, creative e apparentemente produttive. È giocoforza che in questa prospettiva il valore dei contatti col mondo politico e con il dio danaro rischiano di acquisire un’importanza disproporzionata, a causa della sostanziale assenza dell’elemento soprannaturale.
Notiamo inoltre che più si fanno propri i canoni e il metro del mondo per salvare il mondo, più ci si esprime in un modo e attraverso temi e figure consoni alla sensibilità del mondo: di conseguenza la Chiesa, pur godendo di un’apparente libertà, in realtà si ritrova oggi vincolata ad affermare ciò che il mondo vuole sentire e ad evitare ciò che potrebbe dare fastidio; si tratta certamente di una tentazione sempre esistita ma che nel passato era quantomeno arginata dall’antinomia mondo-chiesa che il Concilio ha voluto abbattere.
Ebbene questa prospettiva è eminentemente clericale: gli uomini di Chiesa di oggi si occupano di tutto, si pronunciano su tutto, mettendo spesso il naso in questioni che non li riguardano direttamente e per le quali non hanno competenze specifiche, né, soprattutto, le grazie di stato.
Questo neoclericalismo è la cifra più significativa della crisi del sacerdozio e l’indice più evidente del malessere di un clero che non sa più che cosa sia la Chiesa e perché esista.
La prima conseguenza è il necessario discredito della Chiesa, trascinata in un terreno che non è il suo: infatti ci sarà sempre qualche uomo di mondo che conosce i problemi del mondo meglio di chi, per vocazione, dovrebbe occuparsi di altro.
In secondo luogo la “nuova missione” sul mondo necessariamente non può armonizzarsi con quella tradizionale di salvare le anime e questo per un motivo molto semplice: è impossibile lavorare a questo nobile fine se lo spirito si occupa anche di altro, in quanto questo fine è raggiungibile solo se la consacrazione ad esso è totale.
La Chiesa non ha bisogno di preti né di vescovi che parlino di inquinamento o di promozione umana e che si impiccino di tutti i più disparati fatti e problemi di cronaca.
Quei preti non servono la Chiesa e non servono alla Chiesa.
La Chiesa ha bisogno di preti che parlino di Cristo crocifisso - e solo di Cristo crocifisso - scandalo per gli ebrei e follia per i gentili.
Vogliamo una Chiesa che parli ancora di Cristo Re, della Sua Divinità, dei Suoi diritti; una Chiesa che condanni l’errore e che insegni la Verità; una Chiesa che rincominci a parlare di Passione, di Piaghe, di Sangue, di Croce, di Sacrificio Propiziatorio, di santità, di grazia, di preghiera, di penitenza, di digiuno, di adorazione, di paradiso e di inferno; una Chiesa che lasci il mondo occuparsi delle sue insignificanti bagatelle e che lasci una volta per tutte i morti seppellire i morti.
È solo di questa predicazione che l’uomo ha bisogno, soprattutto oggi, e solo questa predicazione lo può ancora salvare; è solo per questa predicazione che Nostro Signore ha fondato la Sua Chiesa.

[1] È evidente che il Concilio ha inaugurato un nuovo modo di rapportarsi con il mondo, forzando la Chiesa ad occuparsi di tematiche e di problemi che non le competono direttamente. Anche sotto questo profilo esiste una perfetta continuità fra Concilio e Postconcilio. Emblematica in questo senso è la Costituzione pastorale “Gaudium et Spes”, la quale intende rivolgersi a tutti gli uomini indistintamente, anche a quelli che non invocano il nome di Cristo. Ebbene tale Costituzione tocca tutti i punti possibili e immaginabili scendendo in considerazioni varie e disparate sullo sciopero, sull’associazionismo sindacale, sul tempo libero, sugli investimenti, sulla moneta, sul problema del latifondo, etc...
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